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ASIA's video: Intervista con Massimo Recalcati L erede senza padre: l attesa di Telemaco

@Intervista con Massimo Recalcati. L'erede senza padre: l'attesa di Telemaco.
Tenetevi aggiornati su interviste, eventi e corsi, visitate http://www.asia.it Nella società orizzontale contemporanea viene a mancare il vertice metaforico-simbolico del padre, capace di indicare una direzione che sia di garanzia per le generazioni venture: evaporano la sua autorità e il suo ruolo generativo di norme e di valori condivisi tesi ad orientare l'agire, lasciando sullo stesso piano ogni cosa e rendendo incerto ogni valore fondativo. Ad esempio in numerose contestazioni sociopolitiche la relazione con il padre è avvenuta in termini antagonistici: da una parte il sogno idealista trasformista, dall'altra la conservazione della realtà costruita. Questo tempo di attiva opposizione all’eredità è stato superato nella misura in cui è venuta meno ogni distanza generazionale: padri e figli sono sullo stesso piano, anche in termini di leadership politica, in cui la dimensione simbolica del padre non è più investita nella sua verticalitàma da forme di leadership “deboli” basate su un messaggio di fratellanza. La figura di Telemaco mette l'accento sulla speranza, alternativa ad un conflitto mortale, di ricostruire un legame con le vecchie generazioni. Se questo è il tempo di un capitalismo neoliberista e di ciechi modelli di consumo (l’odisseica notte dei Proci), in cui vige l'anomia pura del dovere e del godimento come uniche forme di legame sociale, Telemaco rappresenta l'anti-Edipo in una forma potenzialmente risolutiva di tale depredazione valoriale-simbolica, nonché economico-sociopolitica. Telemaco, sostando nell'attesa del padre, può riportare la legge in una terra di invasori, avendo la nostra società maturato la consapevolezza storica che lottare il padre ne riproduca ciclicamente la figura attraverso la vittoria di colui che sarà a sua volta sconfitto, in un circolo infinito. L'unico modo per trascendere il padre, valorizzandone il significato metaforico senza dover ripristinare un paternalismo verticista, consiste quindi nell'assecondare quella coraggiosa nostalgia dell'eredità attraverso un'alleanza tra nuova e vecchia generazione che renda reciproco, simmetrico e fecondo il patto sociale e l’insieme di norme e doveri impliciti che rappresenta. Il figlio in questo modo non rimane in una statica attesa ma compie dinamicamente il proprio miraggio, mettendosi in moto, come l’orfano Telemaco, attraverso un viaggio solitario ricco di pericoli. La psicopatologia coeva nelle sue diverse forme in parte rappresenta il godimento fusionale e la gratificazione incestuosa-fusionale con l’origine generatrice sotto minaccia del limite di una possibile legge capace di fondare un patto sociale-comunitario. Ma questo divieto oltre alla componente negativa, ne ha anche una etica: solo l'esperienza del limite, il lacaniano "incontro con il reale", manifestando il limite del possibile, riaccende il gioco del desiderio dell’Oltre. Se la psicoanalisi ha avvalorato quanto la sessualità definisca l’individualità sin da subito, l'esperienza più radicale del limite, la morte, rappresenta la vera oscenità contemporanea. La trasgressione surreale della sessualità nelle sue numerose forme in realtà fugge la morte cercando di cancellare ogni segno di caducità e imperfezione. Sebbene la psicoanalisi sostiene la rilevanza del piacere del corpo nelle forme dell'erotismo, oggi i godimenti risultano depauperati della componente erotica, anche e soprattutto nell'area sessuale. La clinica oggi dialoga infatti con nuove forme di schiavitù materialistiche, le dipendenze patologiche che dominano l'individuo contemporaneo separandolo dal mondo, dalla relazione, dalla dimensione erotica del desiderio. Il processo terapeutico si basa quindi non sulla volontà e sulla disciplina, ma sulla rivitalizzazione della dimensione erotica del desiderio, ossia sul riguadagnare l'umanità nello scambio relazionale, sottraendolo alla feticizzazione, al consumo compulsivo di sensazioni, alla dipendenza. A partire dal movente sintomatologico diviene allora possibile l'incontro vertiginoso e spaesante con l'Altro. Se l’idolatria del corpo sia una schiavitù compiuta, l'esperienza dell'anima rimane centrale nel processo terapeutico psicoanalitico: ogni sintomo è un'occasione per il soggetto per conoscersi, per intraprendere un viaggio verso la propria verità ed il proprio abisso.

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